2 febbraio 2014

ENGAGEMENT & COLLABORATION con Nicola Favini

Secondaparte dell'intervista a  Nicola Favini, @ilnikkio, DG Logotel www.logotel.it



Nel mio blog faccio una domanda: è possibile applicare le dinamiche del gioco per motivare, coinvolgere, formare tramite azioni o percorsi per singoli e gruppi mediante piattaforme di incontro virtuale o di collaboration con visibilità social interne/esterne all'azienda? che cosa ne pensi? E’ possibile…su piattaforme virtuali?


Se l’engagement di una community di professional, di manager, di mestiere tu lo vedi come un processo, una storia, uno storyboard che tu devi progettare, anche se in questa storia non ci sono dei momenti fisici, può stare comunque in piedi.

La maggior parte delle comunity sulle quali lavoriamo di engagement, nascono virtuali e a volte vengono beneficiate da un momento di raduno, di incontro, di fisicità, di aula che è sicuramente importante ma non necessario per lo sviluppo della community stessa. L’importante, quando si tratta di piattaforme virtuali, è rispettare la grande libertà che queste piattaforme danno.

Se tu fai una call-for-action, inviti delle persone a loggarsi in un ambiente dove ricevono delle informazioni, dove vedono un brief, dove si innescano a fare delle cose, dove testimoniano digitalmente grazie agli strumenti che hanno…….scrivono, postano foto, acquisiscono informazioni che gli permettono di fare altro…..mettendo tutte queste cose in una sequenza, in uno storyboard e costruisci ogni momento sapendo che è propedeutico a innescare il momento dopo ed hai una bella visione di insieme e degli obiettivi…. questa cosa funziona.

E nel virtuale ci metto anche un colpo di telefono: sai come è importate dare un numero o un contatto quando le persone hanno bisogno di qualcosa!


Facciamo un esempio pratico che conosciamo bene entrambi: rete vendita indiretta Telecom Italia Business Promoter. Che problemi vedi ad applicare queste logiche ad un evento on line che unisca, su una bella piattaforma come Webex di Cisco (che conoscono bene visto che la vendono), logiche di gamification per lo sharing e l’apprendimento interattivo fatte in due ore di web conference in cui il management fa la sua parte e gli attendenti la loro?


Quando io penso agli strumenti di animation, paradossalmente non penso agli strumenti che tipicamente si intendono per virtualità. Ad esempio, le chat ed il conferencing video sono due strumenti da usare con cura e con un giusto mix.

Mi piacciono gli ambienti in cui tu puoi gestire l’attenzione di 1.000 persone nell’arco di 24 ore ma non per forza avendole tutte collegate allo stesso momento. Prendo la settimana in cui i lavoro su questi argomenti ma non per forza devo avere tutti collegati allo stesso momento. Quindi in modalità asincrona.

Un esempio. Abbiamo creato un grosso progetto di formazione, basandoci su Webex, nel mondo automotive (come alternativa a dei road show classici): dovevano parlare di cambiamenti normativi in ambito dei finanziamenti al consumo con un budget molto ridotto.  In che modo. Prima abbiamo preparato un mini sito che dava tutta una serie di informazioni, poi abbiamo messo altri contenuti, poi abbiamo invitato la gente a fare delle domande e poi abbiamo creato un palinsesto di 12 incontri di Webex con iscrizione dei partecipanti (basata su logiche di multiterritorialità e multicanalità). Le persone partecipavano ma solo avendo studiato ed avendo preparato i contenuti. Il materiale lo avevano già visto. 15 minuti di un trainer che ribatteva i principali punti del materiale. Poi, in ogni aula virtuale si creava un forum per dibattere in diretta con un numero limitato di partecipanti.

In due settimane hanno partecipato 800 venditori e tutti loggati, inscritti, hanno fatto il pre-work prima della Webex, hanno partecipato a piccoli gruppi, hanno alimentato un forum ed alla fine, se volevano, hanno partecipato al forum dei forum in cui si sono viste tutte le FAQ, con un question time aperto a tutti e tutto è diventato un paper spedito in modo elettronico alla community. Se la gente ha impegnato 3 ore di lavoro nel corso delle due settimane era tanto. Se avessimo fatto un evento in streaming di 3 ore consecutive, per 800 persone, non avremmo avuto gli stessi risultati.


Possiamo quindi dire che l’evento fisico aiuta una storia virtuale che si accresce e si alimenta nel tempo?


Si

Ed anche che, se si prevede un evento online, deve essere fatto possibilmente in modalità asincrona diluendo i contenuti in un arco di tempo comodo al target interessato?


Si. Anche se siamo nel mondo del service design, per cui ogni caso, ogni progetto  ha le sue variabili e deve essere studiato in via specifica.

Altro esempio. Con un cliente retail abbiamo usato la tecnologia (già installata nei punti vendita) del digital signage. Tutti i pannelli servono per fare dei road show virtuali con i dipendenti. Se il negozio apre alle 10:00, dalle 9 alle 10 il tempo è dedicato alle persone che ci lavorano dentro. Essendo i pannelli intelligenti, dotati di camera, connessi tra d i loro, il manager riesce a dare in broadcast un brief a tutti e poi si da la parola a tutti in multi-conference usando la tecnologia che hanno già in casa. Una maxi aula formativa.

Allora può diventare anche un evento dedicato…


Una delle barriere dell’online è la mancanza di cultura del dialogo da parte del management, spaventato dalla mancanza della barriera gerarchica dei moderni mezzi di socializzazione. Cosa possiamo fare?


Torniamo alle “C”. Contesto, Contenuti, Contatti, Collaborazione. Sono sicuramente parole più intelligenti di quelle che usavamo 10 anni fa!

Ogni momento o evento è da gestire. Se sono in una situazione di clima aziendale difficilissimo, l’online può essere visto come un momento di fuga dalla realtà ed allora direi di no. Gli strumenti vanno usati con intelligenza.

Evento, Platea manageriale di 300 persone. Mondo Assicurativo Bancario. Abbiamo creato un format che abbiamo denominato “weeting”; invece di meeting con il me, il weeting sottolinea il we. Un format che abbiamo creato se tu progetti eventi e contenuti che hanno l’obiettivo di stimolare la partecipazione.

Ci sono degli speech; ma cosa è quella cosa che manca di più in un evento? La possibilità che la gente possa ragionare. Le Q&A finali sono spesso un momento pietoso. Allora abbiamo stravolto la logica. Creiamo un panino: lavoriamo sempre su tre momenti. Uno speech iniziale di ispirazione: un manager parla per 15-20 minuti (perché, come il TED insegna, le cose intelligenti riesci a dirle in 15 minuti); nel mezzo un momento di collaborazione per piccoli gruppi: 10 minuti dati ai partecipanti per riflettere tra di loro su cosa hanno ascoltato; infine un momento di discussione: 15 minuti di conversazione tra oratore e platea. Da quando usiamo questo format non ho più riscontrato il problema delle domande stupide o provocatorie o di polemica o vuote.

Lo puoi fare anche con la platea da auditorium: tu dici di organizzarsi e chiacchierare con la persona a destra e sinistra. Meglio ovviamente se ti sei organizzato con i tavoli a cabaret. Parlate tra di voi e scambiatevi le idee per preparare una domanda. Quando si torna il live, in platea e torna su lo speaker, escono fuori le domande intelligenti. L’eccesso di polemica viene mediato dalla persona intelligente che hai accanto. La gente vuole fare domande utili, intelligenti. Una logica collaborativa da eventi che vale per i manager come per i professional.

Le più belle risate, le più belle domande, le più belle battute sono venute fuori da quando usiamo questo format.

Se l’intervento è di ispirazione, le domande che vengono accedono domande e dibattito di ispirazione. Se l’intervento non è di ispirazione, spigoloso o stupido, vengono fuori delle domande noiose, spigolose, stupide. Riporti quindi la responsabilità a chi fa l’intervento.

Invece cosa succede on line? Un wemeeting live.

Ancora una volta dipende molto dai momenti e dai contenuti.

Abbiamo una community sul mondo retail, circa 600 negozi. In un momento di bruttissimo mercato, dove le cose stavano andando non benissimo, il forum, la collaborazione il momento in cui il manager ci metteva la faccia per raccontare le cose dovevano essere gestiti in maniera molto puntuale, perché tu non puoi essere dentro la testa di 600 persone. Ne basta uno che uno sollevi la polemica che ci sono altri 5 che si aggregano. Li bisogna fare moderazione. Allora è intelligente il modo in cui fai moderazione. Bisogna cambiare sempre lo strumento con cui ti hanno contattato. Mi scrivi nel forum una cosa non corretta? Ti chiamo al telefono e ti chiedo di spiegarla meglio. Perché? Devo darti un feedback perché altrimenti puoi dire che c’è la censura, ma devo farti anche ragionare se ciò che hai fatto fa bene al progetto in generale. Se si spiegano i “perché”. le persone ti ascoltano e ti raccontano i loro “perché”. I cosa e i come seguono. In futuro nelle organizzazioni avremo sempre più “community manager” e meno “coordinatori”.

La stessa community l’abbiamo vissuta poi in un momento in cui hanno fatto +20% rispetto al target di vendita. Qualunque problema passava in secondo piano ed era tutta celebrativa. L’importante è, che se decidi di metterci la faccia ce la devi mettere sempre. Once you go social you can’t go back!

Ma devi cambiare le logiche di gestione, di attenzione, di moderazione,  il modo in cui spieghi le cose.


Ross Dawson, autore di “Living Networks”. Nel 2000, prima edizione del libro “ Developing knowledge-Based Client Relationship”, in un capitolo dedicato al management del portfolio degli strumenti di comunicazione, dice la crescita continua della qualità della video conferenza sarà accompagnata dalla crescita del Business Travel poiché sono complementari; nel 2005, analizzando la tele-immersion,  la video comunicazione immersiva e la videopresence ha confermato. Oggi, nel 2013, scrivere: chiunque ha avuto esperienza concreta di videoconferenze dirà che è più facile  collaborare remotamente con persone con cui abbiamo speso fisicamente del tempo assieme per conoscersi. Tu che ne pensi?


Confermo. Non si può approcciare solo guardando la componente tecnologica o dei costi.

La Comunicazione, lo sappiamo,  non si basa solo sui contenuti. Si basa sul senso, sulle emozioni, sul feeling, sugli odori…..


Interessante: anche Dawson dice che la videoconference non sostituirà mai i meeting a causa dei processi e degli stimoli fisici legati al battito oculare ed alla percezione dei ferormoni!


Se vuoi continuare a far incontrare la gente, lo devi fare per fargli fare o dire cose che ha senso fare in presenza e non sono sostituibili dall’online. Se devono solo stare ad ascoltare dei numeri, dei racconti o delle slide, non ha più senso. Non puoi essere schiavo di un contenitore che devi riempire.

In alcuni eventi, dopo un po’, la gente sgancia il cervello e comincia ad essere più sex-appealing  giocare con il proprio smartphone: questa non è una esperienza fisica ma di mortificazione dell’attenzione. Anche una platea grande non può più stare in piedi per più di una ora una ora e mezza. Poi la gene la devi far studiare, lavorare, devi creargli dei momenti di sudore insieme, di creatività.

Facciamo un parallelo. Ma io, per vedere il telegiornale, devo prendere la machina ed andare in un luogo fisico da qualche parte? Me la guardo a casa. Siamo educati, in 30 minuti, a vedere tutto quello che succede nel mondo. Per me questa è già telepresence. Bene, ma quando voglio approfondire, prendo il tablet e lo faccio. Vado su un sito di un quotidiano ed approfondisco ciò che mi interessa.

Torno alla tua riflessione.

Il fisico sarà sempre più costoso ma anche sempre più importante se lo usiamo per veicolare i contenuti, per sollevare le emozioni sulle quali vogliamo costruire. Una bella videoconferenza è ottima per informare e ottima per prendere delle decisioni collegiali. Non è detto che ogni volta che incontro le mie persone devo passare delle informazioni o prendere delle decisioni. Forse devo creare qualcosa.

Devo aiutare la gente a condividere un senso nuovo, ad allenarsi su nuove competenze, ad interagire tra di loro, a vedersi, a rilassarsi, a staccare il piede dall’acceleratore e prendersi un momento di riflessione o un’ora per parlare. Allora l’evento fisico ha un suo senso.

Oggi il traveling ha senso se lo usi per fare cose diverse che non facevi prima.


C’è un problema. Da “The New Digital Age” di Eric Schmidt e Jared Cohen (Google): …you pull up your notes for a presentation you’ll give later that day to important new clients abroad. All your data is accessible through all your various device, as it’s stored in the cloud. You own a few different and interchangeable device; one is the size of a tablet another the size of a pocket watch, while others might be flexible or wearable. All will be lightweight, incredibly fast and will use more powerful processor than anything available today. You will impress your clients because you already feel as if you know them, thought you have never meet them in person, since your meetings have been conducted in a virtual-reality interface. You interact with holographic “avatars” that exactly capture your clients’ movements and speech. You understand them and their needs well, not least because autonomous language translation software reproduces the speech of both parties in perfect translations almost instantly. Real-time virtual interaction like these, as well as ability to edit and collaborate on documents and others projects, makes the actual distance between you seem negligible. Ed ora come la mettiamo? Sempre della stessa opinione?


Mi ricordo una ricerca Gardner del 2000 che diceva che il futuro è quello dei cellulare sempre più piccoli dove sparirà il display. Guarda gli smartphone di oggi. Di previsioni cannate ne abbiamo tante, soprattutto nel mondo delle tecnologie. La videoconferenza doveva essere la killer application della telefonia mobile: quante videochiamate hai fatto dal tuo cellulare aziendale? E posso andare avanti.

Io sono un innovatore come filosofia e sono consapevole che tutto avrà degli impatti, ma metto le due cose su due piani diversi.

Queste cose non escludono il fatto che la gente la metti in ambienti a lavorare, a progettare, a discutere, a dialogare, a creare assieme. Lo puoi fare con degli strumenti immersivi? Ok.

Quest’anno il Logotel saranno passati almeno 3000 ospiti. Solo in questa sede. Tutte fatte di riunioni di co-progettazione. Queste cose non posso farle in altro modo. Se comincio a pensare con gli occhi che mi sono visto a Catania con 200 assicuratori a ottobre in un evento di riflessione per progettare, non ho oggi un altro modo in cui farlo. Perché la fisicità è importante? Ti permette di far riflettere le idee, gli strumenti e la co-progettualità. Ci saranno strumenti innovativi e di supporto, ma se ti trovi per lavorare, ragionare e collaborare, per i prossimi 10 anni potremo ancora farlo anche sulle tovaglie di carta. Le pre-stampiamo con i disegni in modo che le persone ci possono scrivere e farci le mappe mentali mentre lavorano.

Usiamo ancora i postit! Ci si alza dal tavolo mentre ci sono gli speech. Ci sono momenti di riflessione tipo barcamp.

Ci saranno poi gli incentive: chi avrà il budget lo farà e genererà dei ricordi unici.


Se il future è quello descritto, ci sarà ancora spazio per gli eventi? Come evolveranno le agenzie Eventi?


Si. Non perderai il tuo lavoro.

Ma ad oggi le agenzie si sono dedicate alla logistica. La creatività è stata fatta e concentrata al 90% sulla fenomenologia di un evento e non sulla parte dei contenuti. Se sei capace a fare bene un logo, a chiamare un bravo artista, a curare un dettaglio di una welcome letter da distribuire nelle camere, a fare un buon video di aperura,  tutto questo non basta. Sono sempre state abituate a vedere un pezzo della vita d’azienda: la comunicazione. Non hanno mai affrontato con adeguata progettualità i contenuti. Quale % del tempo è dedicata al menu e quale a sviluppare la scaletta degli interventi (se hanno ancora senso! J)?

The new rule is Design. Il Design è multidisciplinare: non abbiamo in casa solo il creativo, ma tutte le componenti e tutti i mestieri. Se vuoi capire la complessità la devi vedere da molti punti di vista e creare contenuti condivisi.

Il problema di molte agenzie (e manager Clienti) è avere il power point all’ora stabilita per rivederli e aggiustarli al format per metterli in onda. Il mio problema è il contenuto degli stessi. Noi non partiamo dal prodotto ma dall’utilità dell’esperienza e dal valore che creiamo per l’azienda.

@GamEventing
@PTeoducci

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Grazie @GamEventing